Vabbè, è vero, non c'entra niente.
"Chi è?"
Indefinibili rumori di strada.
"Chi è!?"
Passa una macchina
"Allora, cazzo. Chi è?"
Un'altra macchina e, più lontano, un motorino truccato.
"Ma tu guarda se...".
Dopo neanche un minuto dal portone esce un uomo sui sessanta. Si guarda in giro. Si volta verso il citofono. Lo osserva da vicino ed estrae qualcosa incastrato in uno dei pulsanti. Guarda l'oggetto che ha in mano: è uno stuzzicadenti. Si guarda intorno. Incredulo. Scuote la testa e, tenendo lo stuzzicandenti in mano, rientra in casa.
Da ragazzino di scene come queste ne ho viste un sacco. Io naturalmente ero acquattato dall'altra parte della strada a godermi lo spettacolo.
Era un classico. L'evoluzione più tecnica del "Suoniamo i campanelli".
Non ci accontentavamo più di disturbare qualcuno e costringerlo a trascinarsi - qualunque cosa stesse facendo - a rispondere al citofono. No. Disturbarlo era troppo poco. Bisognava (sì, precisamente: bisognava) constringerlo a scendere in strada. Ecco allora, a un certo punto, spuntare gli stuzzicadenti. Bastava schiacciare il pulsante e aver cura di incastrare per bene il pezzettino di legno così da impedire al tasto di tornare nella posizione di riposo. Uno scherzo tanto semplice quanto molesto, che ho smesso di praticare intorno ai tredici anni, quando il mio socio si beccò un clamoroso calcio in culo dall'inquilino di uno dei palazzi presi di mira. L'umiliazione vista negli occhi di quel mio eroico compare mi è finora bastata come deterrente
È evidente invece che tra i membri del Consiglio provinciale di Monza calci in culo se ne sono visti pochini. Non si spiega altrimenti come mai tra i suoi banchi ci sia ancora tanta gente così affezionata allo scherzo dello stuzzicadenti da non rinunciarci neanche per duemila euro al mese. Benefit esclusi.
Don Cosciotte
lunedì 28 febbraio 2011
sabato 19 febbraio 2011
Uova Dio
Poi ti dicono, figlio mio, ma sei fissato.
"Forse in un primo momento si parlava di Parona, ma poi si è scoperto che in realtà era Gravedona".
No, non sono parole in libertà tra ottantenni in una bocciofila o davanti allo scavo di una trincea stradale. È il comune di Parona, piccolo centro in provincia di Pavia (qui), alle prese con le uova alla diossina. Già, perché nonostante sia importante non lasciarsi andare ad un puerile panico o un antieconomico disfattismo alimentare, i pollai contaminati iniziano ad essere un po' troppi (prima nel Bresciano, poi in provincia di Mantova, ora nel Pavese). Eppure nessuno - a parte i giornali locali (senza grande "slancio") - sembra interessato/preoccupato. Quando però erano quei selvaggi dei tedeschi, grandi titoli e scandalo internazionale (porci).
Ora, invece, nulla.
Fino ai casi surreali come appunto quello di Parona, dove si sono accorti - non tutti, a dire il vero, visto che il sindaco continua a ripetere "non mi risulta" e in municipio additano la povera Gravedona - che qualcosa non funziona (oltre al sito del comune) solo adesso. Cioè due mesi dopo che le uova sono state prelevate per le analisi (i controlli, per inciso, erano partiti proprio in seguito allo scandalo tedesco. Perché da noi certo è tutto controllatissimo, però, sai com'è, non si sa mai, adesso per esempio c'è sta faccenda della diossina, magari ci conviene dare un'occhiata). L'Asl di Pavia si è limitata a fare un comunicato in cui si parla di "esito analitico non conforme riferibile solo al test di screening sulle cellule e si è pertanto in attesa della eventuale conferma mediante test specifico". A parte il giro di parole ridicolo, la domanda è: cosa aspettate a farli sti test specifici, che le uova inizino a parlare al contrario?
Forse sì perché, è la stessa Asl a premurarsi di sottolinearlo, "non è il caso di creare allarmismi". Altrimenti - spiega l'Unione Agricoltori di Pavia "si rischia di bloccare il mercato". Eggià, se poi ai bambini spuntano le creste sulla schiena e qualcuno ha addirittura imparato a respirare con le branchie, amen, significa che era destino.
(Così, giusto per la precisione, i valori di diossina dell'allevamento di Parona non sono stati resi noti, ma quelli riscontrati a Castegnato - vedi due post fa - sì: erano fino a 5 volte superiori il limite di legge. Significa che per ogni grammo di uovo c'erano circa trenta picogrammi di diossina. Secondo l'Oms il massimo di diossina assumibile da un bambino di 5 anni è di 20 picogrammi. E un uovo generalmente pesa intorno ai 60 grammi. Certo, citare l'Oms è davvero subdolo considerando i terribili rischi che corrono gli allevatori italiani).
"Forse in un primo momento si parlava di Parona, ma poi si è scoperto che in realtà era Gravedona".
No, non sono parole in libertà tra ottantenni in una bocciofila o davanti allo scavo di una trincea stradale. È il comune di Parona, piccolo centro in provincia di Pavia (qui), alle prese con le uova alla diossina. Già, perché nonostante sia importante non lasciarsi andare ad un puerile panico o un antieconomico disfattismo alimentare, i pollai contaminati iniziano ad essere un po' troppi (prima nel Bresciano, poi in provincia di Mantova, ora nel Pavese). Eppure nessuno - a parte i giornali locali (senza grande "slancio") - sembra interessato/preoccupato. Quando però erano quei selvaggi dei tedeschi, grandi titoli e scandalo internazionale (porci).
Ora, invece, nulla.
Fino ai casi surreali come appunto quello di Parona, dove si sono accorti - non tutti, a dire il vero, visto che il sindaco continua a ripetere "non mi risulta" e in municipio additano la povera Gravedona - che qualcosa non funziona (oltre al sito del comune) solo adesso. Cioè due mesi dopo che le uova sono state prelevate per le analisi (i controlli, per inciso, erano partiti proprio in seguito allo scandalo tedesco. Perché da noi certo è tutto controllatissimo, però, sai com'è, non si sa mai, adesso per esempio c'è sta faccenda della diossina, magari ci conviene dare un'occhiata). L'Asl di Pavia si è limitata a fare un comunicato in cui si parla di "esito analitico non conforme riferibile solo al test di screening sulle cellule e si è pertanto in attesa della eventuale conferma mediante test specifico". A parte il giro di parole ridicolo, la domanda è: cosa aspettate a farli sti test specifici, che le uova inizino a parlare al contrario?
Forse sì perché, è la stessa Asl a premurarsi di sottolinearlo, "non è il caso di creare allarmismi". Altrimenti - spiega l'Unione Agricoltori di Pavia "si rischia di bloccare il mercato". Eggià, se poi ai bambini spuntano le creste sulla schiena e qualcuno ha addirittura imparato a respirare con le branchie, amen, significa che era destino.
(Così, giusto per la precisione, i valori di diossina dell'allevamento di Parona non sono stati resi noti, ma quelli riscontrati a Castegnato - vedi due post fa - sì: erano fino a 5 volte superiori il limite di legge. Significa che per ogni grammo di uovo c'erano circa trenta picogrammi di diossina. Secondo l'Oms il massimo di diossina assumibile da un bambino di 5 anni è di 20 picogrammi. E un uovo generalmente pesa intorno ai 60 grammi. Certo, citare l'Oms è davvero subdolo considerando i terribili rischi che corrono gli allevatori italiani).
giovedì 17 febbraio 2011
Siamo tutti Gianni Morandi
Mosca, scarabeo stercorario, cane, maiale, elefante, panda, koala, ippopotamo, gorilla, uomo.
Sono le principali specie viventi in cui è stato osservato un comportamento coprofago. Questi animali, in poche parole, mangiano le proprie o le altrui feci.
Quando ero piccolo fece (!) molto scalpore la vicenda di un bambino beccato dalla madre a mangiarsi le cacche degli uccelli che impiastravano il cofano di una macchina (c'erano in effeti due versioni: una che fosse il cofano della macchina della madre e un'altra che fosse il cofano di una qualsiasi macchina. Questa seconda generava più raccapriccio. Perché poi?)
"Non è andato a scuola per una settimana, da tante botte che ha preso", disse il solito ben informato.
"Ma non è che è stato male per quello che s'è mangiato?", obiettò l'intelligente.
"Ma va, non fa mica così male".
"Dici?".
"Ma sì, quelli che muoiono di fame, cosa pensi che mangino?".
"Vabbè, ma se stanno morendo di fame cos'è che cagano?"
"Ma cosa c'entra? Ci sono le riserve..."
"A beh, se ci sono le riserve...".
(E in effetti l'argomento è serio. Quanto può durare il "ciclo coprofagico autogeno". Cioè, quanto si può andare avanti a nutrirsi dei propri escrementi?).
Poi c'era il mio cane.
Un grande cane.
Amato da tutti nonostante gli evidenti problemi di peso, derivanti da un serio disturbo alimentare, di cui la coprofagia era solo la parte più evidente.
Quando arrivava qualcuno a casa capitava spesso che gli saltasse addosso e iniziasse a leccarlo, incapace di governare il tumulto di sentimenti che la investivano. Quelli che la conoscevano, ancora prima di aprire la porta, mi chiedevano urlando: "Ha mangiato merda?". In caso di risposta affermativa non entravano fino a quando il cane non era stato neutralizzato in qualche modo (di solito incruento), se la risposta era negativa via libera ai festeggiamenti. Il problema vero si poneva quando la risposta era "Non lo so" (del resto, non è che potevo passare la vita a controllare se il mio cane mangiasse o meno uno dei mucchietti sparsi per il cortile). Il quel caso alcuni si affidavano ad una specie di roulette russa (facciamoci leccare e speriamo in bene), altri tenevano le distanze anche in malo modo, altri ancora dicevano: "Vabbè, magari passo più tardi".
L'altra grande questione erano gli estranei.
"Oh, che carino", rivolto al cane
"No, no. Non si faccia leccare"
"Oh, ma no, è così simpatico, lasci lasci"
"E no, sa, insomma, non so come dirglielo, sì, ecco, praticamente, si mangia i suoi escrementi...".
Tutto questo per dire che con Sanremo, questa edizione in particolare, la coprofagia è sempre di grande attualità. E che la carne di pollo che esce dai mattatoi industriali americani prima di venire impacchettata si fa un bel bagno di varechina perché la parte iniziale delle linee di macellazione è letteralmente piena di merda.
In Europa e in Italia invece la sappiamo lunga, noi a quello che mettiamo sotto i denti ci stiamo attenti, siamo mica gli americani noi. E infatti il bagno i nostri bei polletti se lo fanno nel cloro. Mmh, che bontà.
Sono le principali specie viventi in cui è stato osservato un comportamento coprofago. Questi animali, in poche parole, mangiano le proprie o le altrui feci.
Quando ero piccolo fece (!) molto scalpore la vicenda di un bambino beccato dalla madre a mangiarsi le cacche degli uccelli che impiastravano il cofano di una macchina (c'erano in effeti due versioni: una che fosse il cofano della macchina della madre e un'altra che fosse il cofano di una qualsiasi macchina. Questa seconda generava più raccapriccio. Perché poi?)
"Non è andato a scuola per una settimana, da tante botte che ha preso", disse il solito ben informato.
"Ma non è che è stato male per quello che s'è mangiato?", obiettò l'intelligente.
"Ma va, non fa mica così male".
"Dici?".
"Ma sì, quelli che muoiono di fame, cosa pensi che mangino?".
"Vabbè, ma se stanno morendo di fame cos'è che cagano?"
"Ma cosa c'entra? Ci sono le riserve..."
"A beh, se ci sono le riserve...".
(E in effetti l'argomento è serio. Quanto può durare il "ciclo coprofagico autogeno". Cioè, quanto si può andare avanti a nutrirsi dei propri escrementi?).
Poi c'era il mio cane.
Un grande cane.
Amato da tutti nonostante gli evidenti problemi di peso, derivanti da un serio disturbo alimentare, di cui la coprofagia era solo la parte più evidente.
Quando arrivava qualcuno a casa capitava spesso che gli saltasse addosso e iniziasse a leccarlo, incapace di governare il tumulto di sentimenti che la investivano. Quelli che la conoscevano, ancora prima di aprire la porta, mi chiedevano urlando: "Ha mangiato merda?". In caso di risposta affermativa non entravano fino a quando il cane non era stato neutralizzato in qualche modo (di solito incruento), se la risposta era negativa via libera ai festeggiamenti. Il problema vero si poneva quando la risposta era "Non lo so" (del resto, non è che potevo passare la vita a controllare se il mio cane mangiasse o meno uno dei mucchietti sparsi per il cortile). Il quel caso alcuni si affidavano ad una specie di roulette russa (facciamoci leccare e speriamo in bene), altri tenevano le distanze anche in malo modo, altri ancora dicevano: "Vabbè, magari passo più tardi".
L'altra grande questione erano gli estranei.
"Oh, che carino", rivolto al cane
"No, no. Non si faccia leccare"
"Oh, ma no, è così simpatico, lasci lasci"
"E no, sa, insomma, non so come dirglielo, sì, ecco, praticamente, si mangia i suoi escrementi...".
Tutto questo per dire che con Sanremo, questa edizione in particolare, la coprofagia è sempre di grande attualità. E che la carne di pollo che esce dai mattatoi industriali americani prima di venire impacchettata si fa un bel bagno di varechina perché la parte iniziale delle linee di macellazione è letteralmente piena di merda.
In Europa e in Italia invece la sappiamo lunga, noi a quello che mettiamo sotto i denti ci stiamo attenti, siamo mica gli americani noi. E infatti il bagno i nostri bei polletti se lo fanno nel cloro. Mmh, che bontà.
mercoledì 16 febbraio 2011
Che delizia queste uova. È la diossina o il Pcb?
"Hai mai sentito parlare di Castegnato?".
"No".
"E tu?".
"Castegano?".
"No. Castegnato. Provincia di Brescia".
"Mmh, no. Non mi pare. Perché?".
"Ma no, così. E' un sondaggio che sto facendo".
"Un sondaggio? Cioè?".
"No, niente è troppo lungo da spiegare".
Nessuno conosce Castegnato, c'è poco da fare. Non è granché bello e non ci succede niente di particolare, se si esclude l'annuale fiera dedicata a San Vitale, le cui reliquie sono conservate nell'omonima chiesa e il cui culto, a quanto pare, è molto sentito da queste parti (in effetti la vicenda è abbastanza singolare. Cioè, Castegnato è un paesino in provincia di Brescia di poco più di settemila anime: come fa a custodire le reliquie di un santo, se non proprio di serie A, almeno di serie B? Un santo, tanto per capirci, da meritare un gioiello assoluto come la Basilica di Ravenna e quella antichissima di Bologna).
Insomma, è un paesino relegato nell'anonimato più assoluto.
Ebbene, secondo me dovrebbe invece essere eletto a simbolo nazionale. Dovrebbe essere meta di pellegrinaggi e gite scolastiche, studiato a scuola e cantato dai poeti.
A Castegnato infatti da un paio di giorni è vietato mangiare carne di pollo o consumare uova provenienti da allevamenti domestici (qui l'ordinanza). E già questo è abbastanza incredibile. Io appena ho letto la notizia ho pensato a quei film di fantascienza (l'ultimo, piuttosto brutto a dire il vero, è La città verrà distrutta all'alba) dove un paesiello viene isolato dal resto mondo solitamente a causa di una misteriosa contaminazione.
Ma c'è di più: il sindaco ha denunciato (questo il comunicato, la cui importanza è in parte vanificata da un errore addirittura nella seconda parola. Ma voglio dire, cazzo, fai un comunicato in cui denunci cose gravissime, almeno rileggilo, no?) quanto il sistema di controlli sia assurdo. Un documento dal quale emerge chiaramente come la tanto declamata sicurezza alimentare ("Ma no, cosa dici?! Guarda che sono controllatissime!!") sia in realtà parte di un meccanismo che punti non tanto (o per lo meno, non solo) alla genuinità/commestibilità di quello che mangiamo, quanto piuttosto a non diffondere il panico.
"Si vabbè, ma che esagerato!"
"Dici?"
"Essì, cazzo, dico"
"Vabbè, allora facciamo una prova"
"Ok"
"Hai mai sentito parlare di Castegnato?"
"Di cosa?"
"No".
"E tu?".
"Castegano?".
"No. Castegnato. Provincia di Brescia".
"Mmh, no. Non mi pare. Perché?".
"Ma no, così. E' un sondaggio che sto facendo".
"Un sondaggio? Cioè?".
"No, niente è troppo lungo da spiegare".
Nessuno conosce Castegnato, c'è poco da fare. Non è granché bello e non ci succede niente di particolare, se si esclude l'annuale fiera dedicata a San Vitale, le cui reliquie sono conservate nell'omonima chiesa e il cui culto, a quanto pare, è molto sentito da queste parti (in effetti la vicenda è abbastanza singolare. Cioè, Castegnato è un paesino in provincia di Brescia di poco più di settemila anime: come fa a custodire le reliquie di un santo, se non proprio di serie A, almeno di serie B? Un santo, tanto per capirci, da meritare un gioiello assoluto come la Basilica di Ravenna e quella antichissima di Bologna).
Insomma, è un paesino relegato nell'anonimato più assoluto.
Ebbene, secondo me dovrebbe invece essere eletto a simbolo nazionale. Dovrebbe essere meta di pellegrinaggi e gite scolastiche, studiato a scuola e cantato dai poeti.
A Castegnato infatti da un paio di giorni è vietato mangiare carne di pollo o consumare uova provenienti da allevamenti domestici (qui l'ordinanza). E già questo è abbastanza incredibile. Io appena ho letto la notizia ho pensato a quei film di fantascienza (l'ultimo, piuttosto brutto a dire il vero, è La città verrà distrutta all'alba) dove un paesiello viene isolato dal resto mondo solitamente a causa di una misteriosa contaminazione.
Ma c'è di più: il sindaco ha denunciato (questo il comunicato, la cui importanza è in parte vanificata da un errore addirittura nella seconda parola. Ma voglio dire, cazzo, fai un comunicato in cui denunci cose gravissime, almeno rileggilo, no?) quanto il sistema di controlli sia assurdo. Un documento dal quale emerge chiaramente come la tanto declamata sicurezza alimentare ("Ma no, cosa dici?! Guarda che sono controllatissime!!") sia in realtà parte di un meccanismo che punti non tanto (o per lo meno, non solo) alla genuinità/commestibilità di quello che mangiamo, quanto piuttosto a non diffondere il panico.
"Si vabbè, ma che esagerato!"
"Dici?"
"Essì, cazzo, dico"
"Vabbè, allora facciamo una prova"
"Ok"
"Hai mai sentito parlare di Castegnato?"
"Di cosa?"
venerdì 14 gennaio 2011
Maialino all'olio. Industriale.
"Ciao zia, come va?"
"Oh, ciao. Bene, bene, e tu?"
"Non mi lamento. Senti, ti devo chiedere una cosa..."
"No, guarda, soldi non posso più prestartene, mi dispiace"
"Ma no, ma figurati... Ti devo chiedere di Seveso... ti ricordi?"
"Seveso?"
"Ma sì, l'Icmesa, l'esplosione, la nube tossica... ti ricordi?"
"Sì, e allora?"
"No, ti volevo chiedere se ti ricordi, cosa dicevano le autorità e i giornali? Cioè se cercavano di essere rassicuranti e se invece, sì, beh, insomma, vi dicevano di stare attenti?"
"No, no. C'era tanta paura. Figurati. Erano tutti terrorizzati. Qui a Desio, e non eravamo neanche nella cosiddetta zona A, ci dicevano di tenere le finestre chiuse, di evitare di mangiare la roba dell'orto, anche di stare attenti all'acqua. No, no, altro che tranquillizzarci! Giravano certe storie sulla diossina, certe erano anche esagerate forse, però neanche tanto mi sa. E poi infatti hai visto i casi di tumore in tutta la zona..."
"E già. Ok, grazie"
"Tutto qui?"
"Sì, sì, tutto qui"
"Mah... vabbè. Ciao"
"Ciao zia".
Insomma, con la diossina non si scherza. Cioè, è vero che il disastro di Seveso è di quasi quarant'anni fa, e che, come dire, abbiamo fatto il callo un po' a tutto. Ma che cazzo, un po' di prudenza non sarebbe male. No, invece adesso siamo moderni, non dobbiamo farci prendere dal panico. Il panico è nemico dell'economia. Gli imprenditori fanno fatica a prendere sonno sennò.
In Germania scoprono che agli animali danno da mangiare scarti della lavorazione degli olii industriali. Nessuno, per carità, pretende che a ste bestie vengano date verdure biologiche, però c'è un limite. Cioè, va bene che sono animali, che nessuno li vede o li sente, però addirittura rifilargli scarti di lavorazione di olii industriali. Neanche gli olii. Gli scarti. Che, guarda caso, contengono diossina. Del resto, come si dice, o mangi sta minestra...
E non stiamo parlando di un "goccino" in più del consentito, di due galline o quattro maiali o di una roba di un paio di giorni. In Germania dicono valori 70-100 volte oltre i limiti, ci sono migliaia di animali coinvolti e il tutto risale a gennaio dell'anno scorso. Un anno fa. E l'allarme scoppia a dicembre? Forse qualcosa non va nei controlli?
Naturalmente in Italia, ma no, impossibile, che schifo, vergogna, da noi non arrivano certe schifezze. Poi, beh, sì, insomma, forse qualcosina, le uova, un paio di maiali, qualche bistecca, il latte. Però, mi raccomando: niente panico. Non ce n'è ragione. "Tutti i prodotti sono tracciati ed etichettati". Veramente la carne di maiale no. Beh, sì, in effetti quella no, "ma nei prossimi giorni avremo una riunione con i Nas e le autorità regionali". Nei prossimi giorni?
E poi (sembra incredibile ma giuro che è vero, che il ministro Fazio l'ha detto sul serio): "Abbiamo chiesto alle aziende di fare controlli specifici sulla diossina". A beh, allora stiamo tranquilli, avanti con le costate.
Del resto, cosa volete che sia, è solo diossina, uno degli inquinanti più pericolosi conosciuti.
(http://it.wikipedia.org/wiki/Diossina)
martedì 11 gennaio 2011
Il bambino di 150 chili
Io neanche riesco a immaginarlo bene un bambino di dieci anni che pesa 150 chili. Mio padre, che è decisamente sovrappeso, ne pesa 120 credo. Ha settant'anni ed è alto un metro e ottancinque. E' sempre stato un po', come dire, robusto. A dieci anni non era di certo quello che si dice uno smilzo ("la bologna e il taleggio mi sono sempre piaciuti, fin da bambino"), ma al massimo arrivava, che so, a 22 chili.
Il bombobimbo da 150 chili (330 libbre) è l'equivalente umano del pollo che esce dalla fabbrica dei polli, cioè il prodotto più richiesto della cosiddetta industria avicola. Quando compravo il mio bel petto impacchettato al supermercato, ma anche dal macellaio, credevo provenisse da un "adulto", un animale che aveva fatto la sua vita - bella o brutta, è un altro discorso (lo è?) - e che alla fine m'era caduto nel piatto. Un par de palle. Un pollo "normale" può vivere fino a dodici anni, come un cane medio grande più o meno, i polli selezionati per l'allevamento potrebbero tirare fino a tre. Bene, il pollo che ci ritroviamo nel piatto viene macellato quando ha circa 40 giorni. E pesa come un adulto obeso.
Ma non è tutto. Il bombobimbo equivalente non solo pesa come un'Honda Cbr, ma anche due gambette storte e segaligne (fa una fatica tremenda per camminare, capacità comunque non richiesta) e in vita sua si è alimentato solo con barrette energetiche e antibiotici.
Da quando ho scoperto questa cosa (tutto sommato abbastanza marginale nell'incredibile mondo dell'allevamento), quando inciampo nel reparto pollo del supermercato mi immagino che da un momento all'altro sbuchi da in fondo alla corsia il Bombobimbo che avanza a fatica verso di me, accerchiato da decine di persone incredule e dalle videocamere dei loro telefoni. Arriva, sudato e sconvolto di fatica, davanti a me e semplicente mi dice: "Tre e novantanove".
Il bombobimbo da 150 chili (330 libbre) è l'equivalente umano del pollo che esce dalla fabbrica dei polli, cioè il prodotto più richiesto della cosiddetta industria avicola. Quando compravo il mio bel petto impacchettato al supermercato, ma anche dal macellaio, credevo provenisse da un "adulto", un animale che aveva fatto la sua vita - bella o brutta, è un altro discorso (lo è?) - e che alla fine m'era caduto nel piatto. Un par de palle. Un pollo "normale" può vivere fino a dodici anni, come un cane medio grande più o meno, i polli selezionati per l'allevamento potrebbero tirare fino a tre. Bene, il pollo che ci ritroviamo nel piatto viene macellato quando ha circa 40 giorni. E pesa come un adulto obeso.
Ma non è tutto. Il bombobimbo equivalente non solo pesa come un'Honda Cbr, ma anche due gambette storte e segaligne (fa una fatica tremenda per camminare, capacità comunque non richiesta) e in vita sua si è alimentato solo con barrette energetiche e antibiotici.
Da quando ho scoperto questa cosa (tutto sommato abbastanza marginale nell'incredibile mondo dell'allevamento), quando inciampo nel reparto pollo del supermercato mi immagino che da un momento all'altro sbuchi da in fondo alla corsia il Bombobimbo che avanza a fatica verso di me, accerchiato da decine di persone incredule e dalle videocamere dei loro telefoni. Arriva, sudato e sconvolto di fatica, davanti a me e semplicente mi dice: "Tre e novantanove".
lunedì 27 dicembre 2010
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